USAF Unmanned Aircraft Systems Flight Plan 2009-2047: s’intitola così il documento programmatico dell’aeronautica militare degli Stati uniti d’America che definisce gli obiettivi strategici e le linee guida da perseguire da qui ai prossimi 35 anni. Tre le tappe chiave: la prima, fissata per il 2020, vedrà la progressiva sostituzione dei cacciabombardieri e degli intercettori con gli aerei senza pilota. La seconda, nel 2030, in cui i droni saranno i padroni assoluti dei cieli, teleguidati in sciami da un manipolo di superefficienti tecnici militari. L’ultima data, quella che celebrerà la follia dell’apocalisse bellica, nel 2047, quando gli attacchi convenzionali, chimici, batteriologici e nucleari saranno decisi in assoluta autonomia da sofisticati computer che riprodurranno artificialmente l’intelligenza umana, l’intuito, la poliedricità e la flessibilità del pensiero, senza più dovere fare i conti con la coscienza, il dubbio, l’emotività, i sentimenti che indeboliscono anche i guerrieri più spietati e assetati di sangue.
Conflitti sempre più disumanizzati e disumanizzanti, una cesura irreversibile con la storia dell’uomo, con la visione cosmica della responsabilità, della concezione stessa della pace e della guerra, della vita e della morte. Se nel 2047 lo sforzo plurimiliardario del Pentagono e degli scienziati partner giungerà positivamente a termine, l’umanità sarà inevitabilmente condannata all’olocausto.
Nei deliri di morte degli apprendisti stregoni del XXI secolo c’è un luogo del pianeta che farà da battistrada al Flight Plan 2009-2047. La Sicilia. La stazione aeronavale di Sigonella, alle porte della città di Catania, è stata designata a capitale mondiale dei droni, i famigerati velivoli-spia “Global Hawk” e quelli di attacco missilistico “Predator” e “Reaper”, giunti segretamente un paio di anni fa e quotidianamente utilizzati per le azioni di guerra in Libia, Corno d’Africa, Uganda, Mali, Congo, Yemen, Iraq, Afghanistan, Pakistan e finanche contro i migranti che solcano il Mediterraneo. A Niscemi, in provincia di Caltanissetta, nel cuore di una riserva naturale, sta sorgendo invece uno dei quattro terminali terrestri mondiali del MUOS, il nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari Usa che consentirà di trasmettere gli ordini e le informazioni necessarie per qualsivoglia azione militare ai sistemi operativi impiegati - caccia, unità navali, sottomarini, reparti, ma soprattutto droni - in qualsiasi parte del mondo essi si trovino. Il sistema satellitare, nelle intenzioni di Washington, dovrà ridurre enormemente i tempi di trasmissione e ricezione e aumentare di 10 volte il numero dei dati trasmessi nell’unità di tempo. Il pericolo che venga scatenato un conflitto globale per un mero errore tecnico diventa ancora più concreto.
Il terminale MUOS di Niscemi si comporrà di tre grandi antenne paraboliche dal diametro di 18,4 metri per le trasmissioni verso i satelliti geostazionari e due trasmettitori elicoidali in banda UHF (Ultra High Frequency), di 149 metri d’altezza, per il posizionamento geografico. Mentre le maxi-antenne trasmetteranno con frequenze che raggiungeranno valori compresi tra i 30 e i 31 GHz, i due trasmettitori elicoidali avranno una frequenza tra i 240 e i 315 MHz. Onde elettromagnetiche che penetreranno la ionosfera e i tessuti di ogni essere vivente che avrà l’ardire di sfidare frontalmente quello che ormai è noto come l’EcoMUOStro.
Contro il progetto si è alzata forte la protesta popolare, prima solo a Niscemi e nei comuni vicini, poi in tutta la Sicilia. Sono sorti più di una trentina di comitati No MUOS, sono stati organizzati incontri nelle scuole, nelle università, nelle piazze, nelle parrocchie, si è dato vita a festosi cortei davanti alla base militare. Sono state presentate decine d’interrogazioni parlamentari, firmate petizioni e appelli per la revoca delle autorizzazioni, decine di consigli comunali e tre consigli provinciali hanno votato delibere ed ordini del giorno contro il nuovo sistema a microonde. Il 6 ottobre scorso, Niscemi è stata letteralmente invasa dall’Altra Sicilia, quella che non si piega allo strapotere delle mafie e della militarizzazione e che sogna di trasformare l’Isola in ponte di pace e dialogo nel Mediterraneo. Cinquemila persone, donne, uomini, tantissimi giovani, i militanti delle organizzazioni della sinistra radicale e dei sindacati di base, gli scout cattolici, gli ambientalisti, i lavoratori precari della scuola, braccianti e piccoli produttori agricoli.
Alla vigilia di quella che è stata una straordinaria festa di popolo, simile a quelle di trent’anni fa a Comiso contro i missili Cruise a testata nucleare, una delegazione No MUOS è stata ospite del vescovo di Piazza Armenina, mons. Michele Pennisi, mentre da Caltagirone il vescovo Calogero Peri, al termine della Celebrazione eucaristica, ha invocato le istituzioni “a far chiarezza” sulla pericolosità del sistema, fornendo alla popolazione “le informazioni e le garanzie di tutela richieste”. “Auspico - ha concluso monsignor Peri - che dal cuore del Mediterraneo, culla di civiltà e di accoglienza, venga ancora una volta un’esortazione importante, e che tanto più sia condivisa, affinché le Istituzioni pongano, nuovamente, la salute dei cittadini, la promozione umana e la salvaguardia del creato fra i temi prioritari nell’agenda politica”.
A metà settembre, dopo un’audizione a Roma con i sindaci e i Comitati No MUOS, anche il Comitato d’inchiesta sull’uranio impoverito del Senato della Repubblica ha fatto sentire la propria voce contro il progetto militare Usa. Con una risoluzione approvata all’unanimità, l’organo istituzionale ha chiesto al governo la moratoria per l’installazione del MUOS “in applicazione del principio di precauzione, da applicarsi anche per analoghi sistemi operanti negli insediamenti militari della Sardegna”. “Nessun impianto deve essere attivo fino a che non sia stato inequivocabilmente dimostrato che esso non comporta alcun danno per la salute e per l’ambiente”, ha concluso il Comitato d’inchiesta.
A determinare la presa di posizione dei senatori, le risultanze delle Analisi dei rischi del MUOS dei professori Massimo Zucchetti, ordinario di Impianti Nucleari del Politecnico di Torino e Massimo Coraddu, consulente esterno del dipartimento di Energetica del Politecnico. Lo studio ha rilevato come la costruenda stazione comporti “gravi rischi per la popolazione e per l’ambiente” in un’area geografica vastissima, già colpita pesantemente dalle emissioni elettromagnetiche del centro di trasmissione con i sottomarini nucleari che la US Navy ha attivato nella riserva naturale di Niscemi nel 1992.
“Con la realizzazione delle nuove antenne si verificherà un incremento medio dell’intensità del campo in prossimità delle abitazioni più vicine pari a qualche volt per metro rispetto al livello esistente, con un incremento del campo nettamente superiore”, scrivono Zucchetti e Coraddu. “C’è poi il rischio di effetti acuti legati all’esposizione diretta al fascio emesso dalle parabole in seguito a malfunzionamento o a un errore di puntamento. In questi casi verrebbero provocati danni gravi e permanenti alle persone accidentalmente esposte a distanze inferiori ai 20 Km., con necrosi dei tessuti colpiti. Ma le persone irraggiate accidentalmente potrebbero subire danni gravi e irreversibili anche per brevi esposizioni”.
Le onde elettromagnetiche avranno pericolosissimi effetti pure sul traffico aereo nei cieli siciliani e in particolare sul vicino aeroporto di Comiso, prossimo all’apertura. “La potenza del fascio di microonde del MUOS è senz’altro in grado di provocare gravi interferenze nella strumentazione di bordo di un aeromobile che dovesse essere investito accidentalmente”, aggiungono gli esperti del Politecnico. “Rischi ancora più grandi sono legati all’irraggiamento accidentale, a distanza ravvicinata, di un aereo militare, nel quale le interferenze generate possono arrivare a innescare accidentalmente gli ordigni trasportati”.
Senza essere entrato ancora in funzione il MUOS ha già prodotto danni irreversibili all’ambiente e al territorio. Il cantiere aperto all’interno della riserva hanno infatti devastato un’intera collina e la sua macchia mediterranea, deturpando il paesaggio. L’illegittimità delle autorizzazioni concesse dalla Regione siciliana e i danni durante l’esecuzione delle opere sono stati documentati e denunciati dal Comune di Niscemi, dai Comitati, da Italia Nostra e dal WWF. La notte del 5 ottobre, qualche ora prima del serpentone multicolore che avrebbe circondato la base Usa, con un provvedimento unico nella storia delle installazioni militari statunitensi e Nato in Italia, la Procura di Caltagirone ha ordinato lo stop dei lavori per violazione delle leggi di tutela ambientale. “Attraverso consulenze tecniche e documenti sono state accertate violazioni delle prescrizioni riguardanti il decreto istitutivo dell’area protetta e il relativo regolamento”, ha spiegato il procuratore Paolo Giordano.
L’intervento dei magistrati è stato accolto con soddisfazione dal Coordinamento regionale No MUOS, che ritiene però che solo in sede politico-istituzionale potrà essere messa la parola fine al dissennato progetto militare. “Adesso il governo deve assumersi le proprie responsabilità revocando le autorizzazioni all’installazione e imponendo lo smantellamento delle strutture della base Usa e la sua restituzione alla popolazione”, afferma il niscemese Vincenzo Cummaudo. “In caso contrario, il Movimento articolerà le adeguate forme di disobbedienza civile affinché siano ripristinati i principi di sovranità nazionale e del diritto a un futuro libero dalle guerre”. Per Sergio Soraci, uno dei fondatori della Rete No Ponte di Messina, la strada obbligata in caso di dissequestro dei cantieri sarà quella del blocco dell’operatività della base. “Come a Comiso, trent’anni fa, mettendoci i nostri corpi e i nostri volti, perché è in gioco la vita e il futuro nostro e dei nostri figli”.