Il terremoto dell’11 gennaio del 1693 viene ricordato come
il più immane evento sismico mai registrato in Italia in periodo storico.
Provocò la distruzione di oltre 45 centri abitati e la morte di più di 60.000
persone. Pochissime furono, in territorio etneo, le chiese che resistettero al
sisma e quasi tutte riportarono seri danni.
Fra queste, prima per vetustà e fascino, la piccola basilica
di San Giovanni, bagnata dal ruscello Catalfaro nei pressi di Palagonia. Si
tratterebbe di un edificio risalente al periodo bizantino intorno al V secolo.
Oggi restano a testimonianza alcune arcate e dei pilastri. Meglio conservata la
cuba di Castiglione dedicata a Santa Domenica, sorse probabilmente tra il 775
ed i primi anni dell’800, dopo la morte dell’imperatore Costantino V figlio
dell’imperatore Leone III° detto l’Isaurico. Un’altra Cuba, più piccola e dalla
struttura più tozza, ma non per questo meno interessante, è quella di Malvagna anch’essa
edificata, molto probabilmente, intorno al VII secolo. Sempre in epoca
bizantina fu costruita la cuba di Santo Stefano a Dagala, frazione di Santa
Venerina, oggi soffocata e nascosta dall’edera che rischia di compromettere
definitivamente la stabilità dell’edificio. Ma, per mistero e fascino, meritano una citazione particolare i resti dell’abbazia del SS. Salvatore della Placa
detta Badiazza. Nel 1092 il conte Ruggero D’Altavilla, trovandosi a transitare
per i boschi della Placa, incontrò l’Anacoreta Cremete. Affascinato dalla
figura dell’eremita ordinò che venisse costruito un monastero basiliano e
affidò la direzione proprio a Cremete che ne divenne il primo abate.
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